Nuova policy di sicurezza per TeamViewer
Dalla nascita di internet e ancora prima si è sempre evidenziato un grosso buco di sicurezza che ha dato spazio, oltre che ai malintenzionati, ai furbetti del servizio gratis.
Basti pensare ai nostalgici anni 80 quando si duplicava qualsiasi dispositivo audiovisivo con la massima leggerezza, ma anche i primi software con un bel duplicatore magari venduto su Postalmarket.
Con l’avvento di internet e i primi masterizzatori si è passati da “Mixed By Erry” alle “Twilight” cd e dvd contenenti software di vario genere con licenza piratata.
Agli arbori del web venivano rubati gli account delle prime connessioni 56k a pagamento per navigare gratis ( i più vecchi ricorderanno le Flat ).
I sistemi operativi sono da sempre terreno fertile per chi invece di pagare una licenza preferisce un grazioso attivatore.
La situazione è degenerata con i primi sistemi di file sharing a partire dal primitivo Napster che tanto clamore suscitò per finire al moderno Torrent.
Oggi il problema abbraccia anche i dispositivi mobili tra rooting di Android e jailbreak di Apple.
Tuttavia negli ultimi anni si è dato sempre più spazio alla sicurezza informatica che ha portato a restringere il campo di azione.
Tra verifiche con OTP, autenticazioni a due fattori, SMS con codice sui dispositivi mobili ed Allert di vario tipo è diventato tutto più complicato.
Internet sta passando ad essere da un territorio senza regole a un iper-controllato universo.
Lasciando perdere le implicazioni di tipo filosofico tra quelli che ritengono che sia più importante la sicurezza anche a discapito della libertà di espressione e a volte della privacy, sta cambiando anche la filosofia di molte aziende.
Microsoft ad esempio non è mai stata molto restrittiva nei controlli al contrario di Sony, probabilmente perché si è ritenuto che commercialmente fosse più conveniente avere un maggior numero di utenti anche a costo di averle molti non paganti.
Osserviamo quindi un fenomeno di “recupero crediti” da un lato e dall’altro di totale controllo delle identità digitali.
Da oggi notiamo che anche il noto software per controllo Teamviewer richiede a gran voce, prima dell’utilizzo, la registrazione di un indirizzo e-mail, al fine di indentificare con più precisione chi lancia la connessione.
Teamviewer come altri software di controllo remoto è estremamente utilizzato sia in ambito di tele assistenza che per gestire macchine che sono in altra zona geografica come se fossimo sul posto.
La versione di prova, per utilizzo non commerciale, prevede un utilizzo completo ma con un detect del tempo di connessione, in pratica oltre certi limiti il software rileva un utilizzo “commerciale” e blocca l’applicativo limitandolo a pochi secondi di autonomia.
Il nuovo check di sicurezza se da una parte fornisce un ulteriore controllo verso chi si connette prima delegato unicamente a un codice ID e una password abbinata, scoraggia sicuramente i fruitori delle versioni taroccate.
Il rischio è sicuramente alto di essere identificati durante l’utilizzo non autorizzato.
Indubbiamente i prezzi di Teamviewer non sono esattamente abbordabili rispetto ai competitor, anche per l’utente privato con 1 connessione per volta partiamo da 13,90 € al mese. La cifra non è esorbitante ma mi rendo conto che i servizi da acquistare soprattutto per lavoro annualmente, seppure di pochi euro, messi insieme fanno una cifra considerevole.
Il consiglio è quello di valutare i competitor, personalmente mi sono trovato male con AnyDesk , prodotto che ritengo farraginoso nell’utilizzo e che crea spesso problemi di permessi sulla gestione della macchina target, al contrario mi sono trovato molto bene con Supremo, un prodotto peraltro italiano e dai costi più contenuti, circa 5 euro in meno per la versione base.
Di seguito il link a una comparativa dei migliori software di controllo remoto per il 2023
https://global.techradar.com/it-it/news/migliori-software-accesso-remoto